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LA COMMESSA DI VENDITA DELLE ARMI ALL'EGITTO

Alcuni cittadini, impegnati in movimenti e associazioni, ambientaliste, per i diritti civili e pacifiste, alla notizia di nuove forniture di sistemi militari dall’Italia all’Egitto, hanno costituito il "Comitato Art.11", con riferimento all’art. 11 della Costituzione,  ritenendo inammissibile e oltraggioso, non solo nei confronti della memoria di Giulio Regeni,  ma anche di tutti gli oppositori  al regime repressivo instaurato dal generale  Al Sisi, che l’Italia possa assumere il ruolo di fornitore di  armi con Paesi coinvolti in guerre e che perpetrano comprovate violazioni dei diritti umani.
 
L’art. 2 dell’Atto costitutivo recita testualmente:
 
TITOLO II
 
Scopo – Finalità
 
ART. 2
 
Nei primi giorni di febbraio le agenzie di stampa economiche hanno annunciato la richiesta egiziana a cinque banche italiane di un prestito agevolato per un valore di 45 milioni di euro destinato a coprire l’acquisto di due fregate Frame Bergamini e di una serie di velivoli da addestramento avanzato e da combattimento leggero realizzati dalla società Leonardo. L’8 giugno il Governo italiano ha dato un informale via libera per la vendita all’Egitto di due fregate multiruolo Fremm (la Spartaco Schergat e la Emilio Bianchi), originariamente realizzate per la Marina Italiana e che, pertanto, dovranno essere rimpiazzate. A ciò si aggiungono altre 4 navi e 20 pattugliatori (che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani), 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346. Un contratto che confermerebbe l’Egitto come il principale acquirente di sistemi militari italiani.
 
La realizzazione delle commesse (quelle già concluse e quella in itinere) non può essere riduttivamente confinata nell’alveo delle “scelte politiche” che competono, secondo i principi della Costituzione, al potere esecutivo. C’è, infatti, in tali scelte un vulnus alla nostra Carta molto più profondo di quanto possa apparire.
 
Al potere esecutivo competono certo gli atti politici e le commesse militari – quale espressione di politica estera e di difesa – sono espressione di esercizio di tale potere in conformità alla nostra Carta Costituzionale. Nondimeno l’atto politico – seppur caratterizzato da larga discrezionalità – ha dei limiti precisi e disegnati dal Potere legislativo che ne costituiscono contraltare e contrappeso.
 
Orbene, in materia di autorizzazione alla vendita di armi l’atto politico del potere esecutivo è vincolato da una rigida normativa, interna e internazionale, che trova fondamento nei precetti degli articoli 10 e 11 della Costituzione. In questo quadro la legge n. 185 del 1990 non lascia spazio ad alcuna speculazione giuridica:
 
a) non si può commerciare in armi con governi responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani;
 
b) non si può commerciare in armi con Paesi la cui politica contrasti con i princìpi dell’articolo 11 della Costituzione;
 
c) non si può commerciare in armi con Paesi in conflitto armato, che pure rispettino i diritti umani, se ciò non avviene attraverso il parere delle Camere.
 
Si tratta, inoltre, di princìpi ulteriormente rafforzati dalla legge 4 ottobre 2013, n. 118 di ratifica ed esecuzione del Trattato sul commercio delle armi, adottato a New York dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 aprile 2013.
 
Il comitato, che ha come finalità quella di promuovere, organizzare e coordinare azioni amministrative e giudiziarie finalizzate a dichiarare inefficaci ed invalide le autorizzazioni del Governo Italiano alla realizzazione delle commesse militari con l’Egitto. In particolare avviando campagne di sensibilizzazione e di informazione sulle violazioni di legge e della Costituzione relative alle Autorizzazioni già concesse ed in fase di concessione e con ogni altro strumento previsto dalla legge idoneo a perseguire detta finalità.
 
 
Il Comitato ha predisposto un Appello che verrà divulgato pubblicamente una volta raccolte tutte le adesioni. Ad oggi hanno aderito all'Appello: Livio Pepino, Don Ciotti, Luca Mercalli, Ugo Mattei, Moni Ovadia, Guido Viale, Gianluca Felicetti, Piero Gilardi, Laura Cima. Come indicato nell'Appello l'obiettivo è quello di invitare il maggiore numero possibile  di soggetti a formulare istanza attraverso il FOIA  ((Freedom of Information Act https://www.foia.gov.it/foia/) per richiedere al Governo  visione dei provvedimenti autorizzativi alla vendita di armi in Egitto.
 
§§§§§§§
 
Contestualmente – e su richiesta del Comitato Art. 11  – si è costituito un TEAM LEGALE che ha ritenuto di approfondire ed analizzare il tema giuridico relativo alla sussistenza dei presupposti per la proposizione di un’azione giudiziaria finalizzata all’accertamento dell’inefficacia e/o dell’illegittimità del provvedimento autorizzativo già emesso (2019) e di quello successivo (2020) in itinere.
 
L’analisi ha preso le mosse da una considerazione preliminare declinata in senso interrogativo:
 
E’ possibile e, soprattutto, giuridicamente “ammissibile”  riflettere sulla sindacabilità giurisdizionale di un “atto politico” e/o di alta amministrazione” quale è quello delle Autorizzazioni alla vendita di armi in Egitto che l’esecutivo ha già formalizzato lo scorso anno (24 elicotteri AW149 e di 8 elicotteri AW189) e che è in procinto di autorizzare per nuove forniture (quattro fregate multiruolo prodotte da Fincantieri-Leonardo, venti pattugliatori che potrebbero essere costruiti nei cantieri egiziani, 24 caccia multiruolo Eurofighter e altrettanti aerei addestratori M346)?
 
 
Il nostro ordinamento istituzionale – per come delineato dalla Carta Costituzionale – impone una risoluta ed inequivoca risposta negativa. Giammai il potere giudiziario potrebbe avere qualsivoglia forma di sindacato su atti propri dell’Esecutivo se non nei limiti delle stesse previsioni normative – e costituzionali – che disciplinano l’autonomia e le reciproche funzioni di controllo e bilanciamento dei tre Poteri.
 Da questo interrogativo e dalla semplice ed immediata risposta che parrebbe conseguirne il TEAM LEGALE ha proceduto ad una più articolata analisi che ha coinvolto gli aspetti della questione nell’ambito del diritto amministrativo, civile e penale. Ma soprattutto si è cercato di comprendere se ed in che termini l’autorizzazione alla realizzazione della commessa con l’Egitto (oggettivamente in violazione di legge) possa aver determinato un vulnus al sistema istituzionale e costituzionale della tripartizione dei Poteri. E più precisamente se l’atto del Governo – massima espressione del Potere Esecutivo – possa aver leso le prerogative del Potere Legislativo nei propri atti di “indirizzo politico”.






L’autorizzazione alla realizzazione della commessa di vendita delle armi all’Egitto è un atto  politico assunto dal Governo Italiano in contrasto: i)  con il divieto di esportazione verso Paesi responsabili di gravi violazione dei diritti umani accertati dalla UE; ii) con il divieto di esportazione verso Paesi che possono utilizzare le armi per commettere gravi violazione dei diritti umani e gravi atti di violenza di genere o atti di violenza contro donne e bambini. Circostanza anche questa accertata in seno alla UE dai Ministri degli Esteri dell’Unione Europea; iii) con il divieto di esportazione verso Paesi in conflitto Armato ( che necessita del previo parere delle Camere fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell'Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei ministri). La vendita  di 24 elicotteri AW149 e di 8 elicotteri AW189 autorizzata nel 2019 è avvenuta in assenza del prescritto voto parlamentare.
 
Il Governo italiano ha quindi assunto “l’atto politico” completamente al di fuori  del tracciato segnato dalla  Carta Costituzionale: in materia di “ripudio della guerra quale strumento di risoluzione del conflitto”; nell’ambito degli obblighi internazionali  assunti dallo Stato; nel quadro di rispetto dei diritti umani.
 
1)   Il potere esecutivo ha agito (proprio con l’atto politico di autorizzazione alla vendita di armi) invadendo la sfera di quello legislativo attesa la palese violazione dei precetti stabiliti dalla L. n. 185 del 1990 e L. n 118 del 2013
 
2)   Il potere esecutivo ha violato  principi costituzionali di natura primaria (il ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti; il rispetto dei diritti umani fondamentali; l’obbligo di conformarsi ai Trattati Internazionali)
 
All’evidenza il potere esecutivo ha esondato dal suo alveo: a lui appartengono le scelte politiche ma ciò a condizione che la legge (Costituzione compresa) non venga violata.
 
In questa prospettiva di analisi assume, quindi, una sua precisa dignità la questione di una riflessione, rigorosamente giuridica, sulle conseguenze giudiziarie che è possibile prospettare di fronte ad un “atto politico” che lede, prima ancora che la legge, lo stesso assetto costituzionale di divisione dei poteri (legislativo ed esecutivo) che si correlano e bilanciano attraverso un preciso di sistema di equilibri, controlli ed autonomia. Anzi! L’atto politico in esame determina una precisa rottura di quell’equilibrio che ha il suo punto di forza nella discrezionalità della scelta politica (propria del potere esecutivo) ma nei confini della normativa che la regola (propria del potere legislativo).
 
Il disequilibrio può esclusivamente concretizzarsi nel solco tracciato dalla Costituzione (fiducia o sfiducia del Parlamento) che regola i rapporti tra i due poteri. E’ impensabile che il potere esecutivo possa, invece, assumere  l’atto politico in violazione dei poteri riservati al legislativo.  
Se un Organo Costituzionale, espressione del potere esecutivo, si rende responsabile delle lesioni  su indicate occorre riflettere anche sul vulnus che investe la disposizione dettata dall’art. 2 della Costituzione.
 
Se è vero – come autorevolmente affermato - che tra le situazioni esistenziali particolare rilievo assumono i c.dd. diritti  della  personalità,  concepiti  come un  «diritto  generale  della  personalità»,  ( avulso da  una pluralità  di  diritti  della  personalità come tipicizzati dalla Costituzione per il singolo individuo); è altrettanto vero che l’art. 2 non si limita a riassumere i diritti tipicamente previsti da altre disposizioni della Costituzione, ma consente di estendere la tutela a situazioni atipiche.
 
Ciò perché l’art. 2 cost., che tutela i diritti inviolabili dell’uomo, non è una norma riassuntiva, priva di contenuto proprio, e programmatica, non direttamente applicabile: si tratta infatti di norma direttamente applicabile che esprime il principio fondamentale di tutela della persona umana e il suo contenuto non si limita a riassumere i diritti tipicamente previsti da altre disposizioni della Costituzione, ma consente di estendere la tutela a situazioni atipiche: la personalità è il valore fondante dell’ordinamento e ogni previsione particolare non potrebbe mai essere esaustiva e lascerebbe fuori alcune manifestazioni ed esigenze della persona che, anche  per  il  progredire  della  società,  esigono  una  considerazione  positiva.
 
Tra queste “situazioni atipiche” deve essere compreso il diritto – uti singuli – essenziale di sviluppare la propria personalità ed il proprio agire nella cornice di un ordinamento che rispetti i principi fondamentali della Costituzione.
 
Le violazioni evidenziate incidono su quegli interessi (anche esponenziali) appartenenti, certamente, a tutte quelle Associazioni, Formazioni, ONG ed ENTI che nel loro agire “pur sempre di natura istituzionale in senso lato” hanno la cura e la tutela del rispetto dei diritti umani e di quanto previsto dall’art. 11 della Costituzione. La lesione di questi interessi non trova fondamento nell’atto politico in se, rispetto al quale la stessa Costituzione riconosce il pieno e compiuto esercizio del diritto al dissenso; quanto nella circostanza che l’atto politico trova forma e realizzazione attraverso una imponente e rilevante violazione di legge da parte di un Organo Costituzionale. Questo non solo svilisce, ma annulla e cancella il senso stesso del diritto al dissenso perché viene, di fatto, impedito di esercitare quel diritto nella cornice di un ordinamento rispettoso dei principi fondamentali della Costituzione. In altri termini:
 
1.   Tra i diritti della personalità – propri di ciascun individuo e di organizzazioni ed associazioni all’interno delle quali essi possono trovare piena esplicazione – vi è indubbiamente quello dell’agire politico in dissenso ed in opposizione alle scelte del potere esecutivo e della libertà del relativo esercizio;
 
2.   Nessun dubbio che, ulteriore, espressione di tale diritto alla personalità è rinvenibile nell’art. 49 della Costituzione: Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale
 
3.   Ma l’esercizio di questo diritto presuppone che la “politica nazionale” sia anch’essa  promossa ed attuata con un metodo democratico;
 
4.   Il “metodo democratico” per definizione viene meno se la “politica nazionale” è espressione di un agire del Potere esecutivo in violazione alla legge ed alla Costituzione
 
5.   Se ciò non avviene si realizza, ipso facto, la lesione dell’irrinunciabile diritto di “concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale” e del correllativo diritto alla personalità nei termini e nei modi dettati dall’art. 2 della Costituzione
 




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Avv. Luca Saltalamcchia: studiolegalesaltalamacchia@gmail.com
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